La Sindrome di Angelman (SA) è una malattia del neurosviluppo che colpisce circa 1 nato ogni 15000. Nonostante che la causa della SA sia nota, al momento non ci sono cure disponibili per questa malattia. L’Organizzazione Sindrome di Angelman (OR.S.A.) ha lo scopo di creare un punto di riferimento per tutte le famiglie con un figlio colpito dalla SA e di aiutare le famiglie, i medici e i terapisti che si trovano a contatto con una persona con SA. L’interesse dell’OR.SA è stato sempre e, in particolar modo, rivolto essenzialmente alla ricerca scientifica, medica, farmacologica e terapeutica. Negli ultimi anni l’associazione ha collaborato con i medici, psicologi e terapisti per progettare e finanziare progetti di ricerca e di sostegno alle famiglie dei bambini con questa sindrome. Alcuni progetti sono stati condotti in collaborazione con l’università degli studi di Brescia e l’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza dell’ASST Spedali Civili di Brescia. 

 Grazie al vostro contributo nel biennio 2020-2021 è stato portato a termine un progetto che ha avuto l’obiettivo di individuare modalità alternative di approccio abilitativo delle competenze sociali in soggetti con Sindrome di Angelman (SA). Nello specifico è stato indagato se nei soggetti con SA l’osservazione di scene di apprendimento sociale differiscono dalle modalità messe in atto da soggetti con spettro autistico e con disabilità intellettiva. È stato anche valutato il livello di modulazione attentiva di questi bambini e ragazzi nella osservazione di filmati attraverso l’utilizzo dell’oculometria o “Eye Tracking”, un processo di misurazione del punto di fissazione o del moto di un occhio rispetto alla testa che viene ottenuta mediante un tracciatore oculare. È ampia la letteratura scientifica (per un approfondimento vedi gli studi del prof. Giacomo Vivanti) che dimostra come dalle modalità di osservazione di scene di condivisione sociale si possono inferire informazioni sulle capacità comunicative e cognitive di soggetti che non possono collaborare attivamente alle richieste dell’operatore. Questa metodica é già stata utilizzata in passato per approfondire aspetti delle relazioni sociali e della comunicazione nelle patologie del neurosviluppo, tra cui studi sulle modalità osservative dei bambini con spettro autistico. Si rivela particolarmente utile per questi pazienti perché non richiede loro di attivarsi di fronte a richieste dirette ma indaga le loro traiettorie di sguardo.

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